(pubblicato sul Legno Storto del 10
novembre 2011 e su Lo Spiffero)
di Vito Foschi
In questi giorni convulsi con un governo dimissionario e lo
spread alle stelle si riaffaccia prepotente l’ipotesi di una patrimoniale per
poter sanare l’annoso problema del debito pubblico. Decisione che si vuole
affidare ad un qualche governo d’emergenza tecnico o istituzionale per
svincolare i partiti che non si riterrebbero responsabili della rapina degli
italiani. Sinceramente riesce difficile capire il vantaggio di una misura
tampone come la patrimoniale, abbiamo avuto quella del governo Amato, ma non ha
portato molto fortuna. Sono passati meno di venti anni, ma il problema non è
cambiato. Il debito pubblico non è la causa dei problemi, ma la conseguenza più
evidente del vero problema italiano: la spesa pubblica. E lì che si annidano i
problemi dell’Italia sia in termini quantitativi che qualitativi.
Voi paghereste i debiti di chi ha il vizio del gioco?
Sicuramente no o meglio sareste disposti a farlo solo dopo che vi foste
assicurati che il giocatore abbia perso il vizio. È evidente che continuando a
giocare il debito si riformerebbe in brevissimo tempo, anzi più velocemente di
prima, tanto c’è qualcuno che paga. Oltre il danno la beffa. Per il giocatore
incallito il pagamento dei debiti non sarebbe altro che un ulteriore incentivo
a sperperare. Trovereste il tutto decisamente ingiusto. Ebbene, la situazione
dello stato italiano è esattamente come quella della persona dominata dal vizio
del gioco. La patrimoniale abbatterebbe il debito, dando un po’ di respiro ai
conti dello stato, ma in breve tempo tornerebbero alla situazione attuale con
il debito alle stelle. Il problema da cui nasce il debito, come detto, è la
spesa pubblica. L’abbattimento del debito sarebbe un incentivo ad aumentarla e
non a diminuirla. Non dimentichiamo che l’altra faccia della spesa pubblica è
il prelievo fiscale. Visto che i soldi non crescono sugli alberi, come sanno
anche i bambini che hanno letto Pinocchio, le spese dello stato non sono altro
che i soldi prelevati coattivamente dalle tasche dei cittadini. Questo è il
primo danno di una spesa pubblica fuori controllo, la compressione della
capacità di spesa e risparmio del cittadino a favore dell’entità statale.
Quello che dovrebbe fare un qualsiasi governo in carica è
abbattere la spesa pubblica, prima di pensare alla patrimoniale. L’altro danno
di una spesa pubblica fuori controllo è quello che abbiamo indicato come aspetto
qualitativo. La spesa pubblica oltre a sottrarre ingenti risorse dai redditi
dei cittadini, distorce le scelte degli operatori economici causando un’allocazione
non ottimale delle risorse economiche. Detto in altri termini, se un
imprenditore sa che potrà guadagnare un sacco di soldi vincendo un appalto
pubblico, si occuperà di quello e non di creare un impresa che stia sul
mercato. E non nascondendoci dietro ad un dito, quella spesa genera corruzione
e malaffare. Come speriamo di competere sui mercati internazionali, se i nostri
imprenditori sono più impegnati a intercettare qualche rigagnolo di soldi
pubblici, che a lavorare per rendere produttiva l’impresa? Ma non solo la
corruzione. Lo stato per spendere i soldi devo crearsi una qualche
giustificazione e quindi deve creare una legislazione apposita. Più leggi, più
si ingessa il mercato, più si complica la vita del cittadino. Si creano uffici
inutili, con personale inutile a cui bisogna inventare qualcosa da fare e così
si crea un qualche modulo da far compilare al suddito-cittadino. Alla fine il
cittadino paga per essere vessato dallo stato. E da lì che bisogna partire per
abbattere la mostruosità del debito pubblico. Riducendo la spesa pubblica, si
potrà ripagare il debito accumulato e in più si darà slancio all’economia
perché si semplificherà la vita di imprese e cittadini. Gli imprenditori
dovranno tornare a occuparsi delle loro imprese, invece che di preoccuparsi di
come intercettare denari pubblici. A quel punto si potrebbe anche pensare a
ridurre finalmente le tasse che sarebbe il miglior modo di aiutare i cittadini.
Qualcuno potrebbe pensare ad un discorso troppo teorico, ma
si possono tranquillamente indicare alcuni provvedimenti concreti quali
l’abolizione di province e circoscrizioni, riduzione del numero dei
parlamentari e dei consiglieri regionali e comunali, abolizione di qualsiasi
forma di incentivo sia fiscale che finanziario alle imprese compresi gli
incentivi alle rinnovabili, affidamento a privati dei servizi pubblici locali,
liberalizzazione di ferrovie e trasporto locale, abolizione degli ordini
professionali e privatizzazione delle relative casse di previdenza,
privatizzazione di INPS ed INAIL e così via. Senza parlare dei tanti enti
inutili. È sufficiente spulciare l’elenco di nomine pubbliche di regioni,
province e dei comuni sufficientemente grandi per trovare di tutto. Dall’ente
per la tutela di qualche specialità gastronomica, all’associazione per lo
sviluppo tecnologico il cui unico compito è scrivere un paio di relazione
all’anno, a quella per la tutela di non si sa bene che cosa. Tutti organismi
che hanno una sede, una segreteria e degli amministratori retribuiti. Organismi
che non si sa bene cosa facciamo, ma senza giri di parole, servono sicuramente ad
accontentare il politico che non ce l’ha fatta o il supporter che ha portato
voti.
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