Qualche giorno fa ho visto Quo Vado di Checco Zalone in TV. Mi sono perso la prima mezz’ora abbondante purtroppo. Zalone rimane uno dei pochi grandi comici italiani. Detto questo, il film mi ha fatto riflettere sul “posto fisso” e la società italiana. Nel film in maniera comica si criticava la mania italiana per il “posto fisso” che diventava massima aspirazione per pigri e incapaci. Però il “posto fisso” ha un’altra chiave di lettura. La società italiana è antimeritocratica in cui è impossibile perseguire un qualsiasi progetto o percorso di miglioramento o evoluzione personale. Tutto e tutti sono contro. E non si tratta solo delle tasse e della burocrazia, per certi versi specchio del paese, ma dell’atteggiamento di tanti che tendono a schiacciare chi cerca di elevarsi un po’. L’invidia è il sentimento principe dell’italiano medio, quello che gli fa augurare di schiantarsi al vicino con l’auto nuova o che scoraggia o boicotta l’iniziativa del conoscente. In una società del genere, dove si finisce per essere schiacciati, il “posto fisso” non è più cercato per pigrizia o per la sicurezza economica, ma come rifugio in cui essere anonimi e non attirare gli sguardi dei curiosi. Scomparire in un ufficio a mettere timbri e non essere soggetti alla critica e all’invidia della gente.
Altra chiave di lettura è che se nessuno deve emergere, tutti devono essere uguali al ribasso e quale tipo di impiego garantisce un’uguaglianza formale e la mancanza di meritocrazia se non il “posto fisso”? Il “posto fisso”, da questo punto di vista, non nasce dalla necessità di piazzare i raccomandati e gli incapaci, ma per livellare la società e bloccare chi desidera migliorarsi, soddisfacendo l’invidia dei più. Gli italiani vorrebbero una società di tipo sovietico in cui tutti abbiamo un lavoretto e una tessera per acquistare i beni di consumo, rigidamente uguali. Per assurdo, l’invidia si riversa sul vicino o sul collega e non sui ricchi che vengono considerati una classe o meglio una razza a sé che poco a che fare con i comuni mortali. Per gli italiani vale quel proverbio in cui il marito per fare dispetto alla moglie si taglia gli attributi. Così l’italiano, invece di gioire della nuova auto del vicino ed eventualmente approfittarne, per esempio, chiedendola in prestito per fare un giro, semmai la sfregia con le chiavi.
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