pubblicato su Archeologia
& Cultura del 17 luglio 2011
di Vito Foschi
Le vicende che riguardano gli Stati Uniti d’America e il
continente americano in generale ci sembrano lontane, spesso considerate solo
ottimo sfondo per film e telefilm. In realtà, la presenza italiana nelle
americhe è stata piuttosto massiccia, purtroppo figlia dell’emigrazione e le
varie comunità di italiani hanno acquisito non poco peso nella storia di quei
lontani paesi.
Una di quelle vicende che sembra lontana anni luce dalla
nostra storia è la guerra civile americana, indubbiamente nota ai più
attraverso svariati film, ma che vide combattere anche gli italiani in ambedue
gli schieramenti e in qualche modo lambì anche Giuseppe Garibaldi.
Gli immigrati italiani furono reclutati sia a nord che a sud,
ma la maggior parte era nel nord e così l’esercito dell’Unione poté costituire
due unità di soldati italiani, la “Italian Legion” e la “Garibaldi Guards”.
Situazione diversa per gli italiani arruolati nell’esercito confederato, in
gran parte ex militari del Regno delle Due Sicilie. Il neonato regno d’Italia
volle risolvere il problema dei prigionieri borbonici permettendo loro di
arruolarsi nell’esercito confederato. Arrivarono in America con tre navi fra il
dicembre 1860 e i primi mesi del 1861 e per ironia della sorte vennero
inquadrati nella “Garibaldi Guards - Italian battalion Louisiana Militia”, che
dopo le prevedibili proteste, nel 1862 cambiò nome diventando “Sesto Reggimento
European Brigade”. Sarebbe stato il colmo, per uomini che avevano combattuto
Garibaldi e pativano per lui la prigione, combattere in una formazione che
portava il nome dell’Eroe dei due mondi. Curioso destino per i soldati
borbonici, combattere in due eserciti perdenti e ambedue geograficamente del
sud.
Gli italiani parteciparono a varie battaglie ed ebbero modo anche
di battersi fra loro, quando le unità di italiani dell’esercito unionista e
quelle dell’esercito confederato si scontrarono nella battaglia di Winchester
nel settembre 1862 e in quel caso fu l’esercito del sud ad avere la meglio. Alcuni
italiani si distinsero per valore, come per esempio il sergente John Garibaldi,
di cui si conservano parecchie lettere e che fu seppellito nel cimitero di
Lexington, assieme ai generali Lee e Jackson, due eroi degli stati del Sud.
Fra i morti italiani, purtroppo vanno inclusi due italiani
vittime di un episodio simile a quello più noto di Sacco e Vanzetti. Per dare
una lezione a possibili disertori, si pensò bene di arrestare cinque soldati a caso
che non parlavano inglese, istituire un processo farsa e fucilarli. Fra questi
furono presi anche due italiani, Giovanni Falaci, 26 anni e Giuseppe Rionese,
20 anni.
Un’ultima nota la dedichiamo a Garibaldi che fu invitato a
guidare l’esercito nordista: l’uso del nome di Garibaldi in ambedue gli
schieramenti fa intuire la notorietà del personaggio negli Stati Uniti.
All’apertura dell’ostilità l’esercito dell’Unione subì una clamorosa sconfitta
nella battaglia di Bull Run gettando nello sconforto la truppa. Il presidente
Lincoln conscio di non avere ufficiali in grado di motivare le truppe pensò di
mandare a chiamare Garibaldi, fresco reduce dell’impresa dei Mille. La causa
del nord, con l’idea di abolire la schiavitù, poteva sollecitare l’eroe
italiano, ma al di là della facciata, la guerra civile americana si combatté
per ben altro. Per il nord, era l’idea di uno federazione centralista che
limitava i diritti dei singoli stati, mentre per il sud era in gioco il diritto
di ogni singolo stato di secedere dall’unione, prendendo alla lettera la dichiarazione
di indipendenza del 1776: “Queste
Colonie Unite sono, e per diritto devono essere, Stati liberi e indipendenti…e
come Stati liberi e indipendenti essi hanno pieno potere di fare la guerra,
stipulare la pace, contrarre alleanze, stabilire commercio e compilare tutti
gli altri atti che gli Stati indipendenti possono fare a buon diritto”.
Probabilmente questo fu chiaro a Garibaldi e in qualche modo condizionò la sua
scelta di non partecipare. Inoltre aveva chiesto al presidente Lincoln il comando
in capo, cosa che ovviamente non gli poteva essere concesso.
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