sabato 29 febbraio 2020

Internet e il diritto di secessione


Posto un mio vecchio articolo pubblicato la prima volta sul sito Diritto di Voto


Attualmente ogni suddivisione amministrativa dello Stato è di tipo territoriale, dal più grande al più piccolo, in una struttura piramidale. Le unità più piccole sono racchiuse in una più grande, principalmente per contiguità territoriale: una provincia è costituita da comuni vicini e non da comuni situati, per esempio, in regioni diverse. Questo assetto è sicuramente quello più semplice da implementare e in passato, forse, l’unico concretamente realizzabile. Ma oggi, in presenza di una intermediazione sempre più massiccia di informazioni tramite Internet, è ancora vero? Pensiamo alla demateralizzazione dei servizi bancari e a quanto si sia ridotta la necessità di recarsi fisicamente presso uno sportello bancario. Altro settore in cui l’intermediazione di Internet è sempre più importante, è quella dei servizi turistici, con la possibilità di prenotare viaggi, alberghi e interi pacchetti vacanze, comodamente seduti in poltrona ed ottenendo un plus di informazioni rispetto all’operatore tradizionale. Lentamente, anche l’amministrazione pubblica si adegua all’emissione di servizi, non più tramite uno sportello fisico ovvero con una presenza territoriale, ma online.
A parte, che a volte ci si chiede cosa faccia esattamente un’amministrazione pubblica, possiamo incominciare a pensare, se sussiste ancora la necessità della piramide territoriale come suddivisione amministrativa dello Stato e più in generale degli attuali stati nazionali. Detto in altri termini e focalizzandoci sulla realtà italiana, è proprio necessario che una provincia sia costituita da comuni contigui? E lo stesso discorso vale per la regione.
Con l’attuale assetto amministrativo le provincie sono svuotate di ruolo a favore di comuni e regioni. Come cittadino l’impatto principale è con il comune, lo stato nazionale per le forze dell’ordine e giustizia e la regione per la sanità. Si chiede se non sarebbe possibile per un comune calabrese aggregarsi con la provincia di Trento. Per i servizi comunali non cambierebbe nulla, se non forse adeguarli a standard più efficienti. Sicuramente il cittadino del nostro ipotetico comune calabrese si troverebbe nella condizione di usare gli ospedali calabresi; e cosa impedisce alla Regione Trentino Alto Adige di firmare una convenzione con qualche ospedale e laboratorio calabrese, affinché il cittadino calabro-trentino usufruisca dei servizi sanitari? Il discorso potrebbe apparire azzardato, ma se si accantonano le inveterate abitudini, perché non sarebbe possibile? Di fatto un cittadino italiano che si sposta da una regione ad un altra usufruisce del servizio sanitario e le regioni poi procedono alle varie compensazioni. La riscossione dei tributi non comporterebbe grandi cambiamenti e per l’ipotetico cittadino calabro-trentino cambierebbe solo il numero di conto dove versare le tasse. Per le forze dell’ordine e i tribunali non cambierebbe molto, se non la gestione di qualche dato in più con annessa comunicazione, che con le moderne tecnologie non sembrerebbe insormontabile.
La parte più importante della gestione provinciale riguarda le strade provinciali e gli edifici scolastici. Strade ed edifici insistenti sull’ipotetico comune calabro-trentino passerebbero in carico alla provincia di Trento, che stipulerebbe un contratto con la provincia calabrese sulla suddivisione dei costi per strade e scuole. Dopotutto anche adesso i ragazzi si iscrivono a scuole fuori provincia, quindi non sembra un problema insormontabile. Anzi, questa condivisione forzata può stimolare nuove forme di gestione. Per esempio, la strada provinciale invece che far nascere un contratto fra provincia calabra e provincia trentina, potrebbe essere affidata in gestione ad una società privata, il cui compenso verrebbe suddiviso in proporzione alle due province. La stessa cosa si potrebbe pensare per le scuole. Assumerebbero forma giuridica privata e potrebbero essere di proprietà pubblica o privata e incasserebbero le rette dalle due provincie. Gli edifici potrebbero essere affidati ad una società di gestione o venduti e le varie provincie si potrebbero dividere le spese in base al numero degli alunni di competenza.
Naturalmente queste sono alcune idee, ma altre potrebbero venire fuori da un processo di destrutturazione territoriale. Altri servizi erogati dalla provincia potrebbero essere erogati online e quelli non erogabili online, potrebbero essere facilmente delegati al comune che lo farebbe dietro compensazione. Insomma, si passerebbe da una situazione statica e mortifera ad una ricontrattazione di tutti i servizi emessi dallo stato con un ampio utilizzo delle tecnologie informatiche. Si potrebbe creare uno standard per lo scambio delle informazioni tipiche di una amministrazione, per esempio quelle anagrafiche, in modo che tutti i sistemi possano comunicare fra loro, facilitando i processi di ristrutturazione territoriale. Peraltro, si sta già cercando di standardizzare i dati delle amministrazioni pubbliche. Procedendo nel discorso, ogni comune potrebbe contrattare con la provincia e la regione i vari servizi in base alla convenienza. Regioni e provincie entrerebbero in concorrenza per accaparrarsi i vari comuni con il corrispettivo gettito, gareggiando sulla qualità e i costi dei servizi, creando un loro sistema informatico a cui aggregare il comune per mettere a disposizione i vari servizi online. Una sorta di portale in cui i cittadini del comune convenzionato possano accedere per ottenere i loro servizi. Quella che è una cittadinanza territoriale diverrebbe una cittadinanza contrattuale. È da considerare che uno dei due livelli amministrativi molto probabilmente sparirebbe automaticamente perché inutile.
Questo discorso inizierebbe come processo di ristrutturazione territoriale all’interno degli stati nazionali, ma potrebbe avere uno sviluppo a livello interstatale con un comune che decide di secedere da uno stato e negozia l’adesione ad un altro. Si pensi ai comuni frontalieri e alle polemiche che a volte sorgono. Di un tratto tutto finito; ognuno aderisce allo stato che vuole, creando concorrenza fra gli stati. Chi offrirà sconto di tasse, chi servizi migliori e così via. Proseguendo ancora nel ragionamento e tecnologia avanzando, si passerebbe dai liberi comuni che contrattano l’adesione con i vari stati non più nazionali, al singolo cittadino che negozia con il comune la sua adesione. Si può ipotizzare che più cittadini si uniscano insieme volontariamente per costituire un nuovo comune che poi contratta l’adesione ad uno stato, più che ad un altro.

sabato 22 febbraio 2020