Posto un mio vecchio articolo pubblicato la prima volta sul sito Diritto di Voto
Attualmente ogni suddivisione amministrativa dello Stato è
di tipo territoriale, dal più grande al più piccolo, in una struttura
piramidale. Le unità più piccole sono racchiuse in una più grande, principalmente
per contiguità territoriale: una provincia è costituita da comuni vicini e non
da comuni situati, per esempio, in regioni diverse. Questo assetto è
sicuramente quello più semplice da implementare e in passato, forse, l’unico
concretamente realizzabile. Ma oggi, in presenza di una intermediazione sempre più
massiccia di informazioni tramite Internet, è ancora vero? Pensiamo alla
demateralizzazione dei servizi bancari e a quanto si sia ridotta la necessità
di recarsi fisicamente presso uno sportello bancario. Altro settore in cui l’intermediazione
di Internet è sempre più importante, è quella dei servizi turistici, con la
possibilità di prenotare viaggi, alberghi e interi pacchetti vacanze,
comodamente seduti in poltrona ed ottenendo un plus di informazioni rispetto
all’operatore tradizionale. Lentamente, anche l’amministrazione pubblica si
adegua all’emissione di servizi, non più tramite uno sportello fisico ovvero
con una presenza territoriale, ma online.
A parte, che a volte ci si chiede cosa faccia esattamente un’amministrazione
pubblica, possiamo incominciare a pensare, se sussiste ancora la necessità
della piramide territoriale come suddivisione amministrativa dello Stato e più in
generale degli attuali stati nazionali. Detto in altri termini e focalizzandoci
sulla realtà italiana, è proprio necessario che una provincia sia costituita da
comuni contigui? E lo stesso discorso vale per la regione.
Con l’attuale assetto amministrativo le provincie sono
svuotate di ruolo a favore di comuni e regioni. Come cittadino l’impatto
principale è con il comune, lo stato nazionale per le forze dell’ordine e
giustizia e la regione per la sanità. Si chiede se non sarebbe possibile per un
comune calabrese aggregarsi con la provincia di Trento. Per i servizi comunali non
cambierebbe nulla, se non forse adeguarli a standard più efficienti. Sicuramente
il cittadino del nostro ipotetico comune calabrese si troverebbe nella
condizione di usare gli ospedali calabresi; e cosa impedisce alla Regione
Trentino Alto Adige di firmare una convenzione con qualche ospedale e
laboratorio calabrese, affinché il cittadino calabro-trentino usufruisca dei
servizi sanitari? Il discorso potrebbe apparire azzardato, ma se si accantonano
le inveterate abitudini, perché non sarebbe possibile? Di fatto un cittadino
italiano che si sposta da una regione ad un altra usufruisce del servizio
sanitario e le regioni poi procedono alle varie compensazioni. La riscossione
dei tributi non comporterebbe grandi cambiamenti e per l’ipotetico cittadino
calabro-trentino cambierebbe solo il numero di conto dove versare le tasse. Per
le forze dell’ordine e i tribunali non cambierebbe molto, se non la gestione di
qualche dato in più con annessa comunicazione, che con le moderne tecnologie non
sembrerebbe insormontabile.
La parte più importante della gestione provinciale riguarda
le strade provinciali e gli edifici scolastici. Strade ed edifici insistenti
sull’ipotetico comune calabro-trentino passerebbero in carico alla provincia di
Trento, che stipulerebbe un contratto con la provincia calabrese sulla
suddivisione dei costi per strade e scuole. Dopotutto anche adesso i ragazzi si
iscrivono a scuole fuori provincia, quindi non sembra un problema
insormontabile. Anzi, questa condivisione forzata può stimolare nuove forme di
gestione. Per esempio, la strada provinciale invece che far nascere un
contratto fra provincia calabra e provincia trentina, potrebbe essere affidata
in gestione ad una società privata, il cui compenso verrebbe suddiviso in
proporzione alle due province. La stessa cosa si potrebbe pensare per le
scuole. Assumerebbero forma giuridica privata e potrebbero essere di proprietà
pubblica o privata e incasserebbero le rette dalle due provincie. Gli edifici
potrebbero essere affidati ad una società di gestione o venduti e le varie
provincie si potrebbero dividere le spese in base al numero degli alunni di
competenza.
Naturalmente queste sono alcune idee, ma altre potrebbero
venire fuori da un processo di destrutturazione territoriale. Altri servizi
erogati dalla provincia potrebbero essere erogati online e quelli non erogabili
online, potrebbero essere facilmente delegati al comune che lo farebbe dietro
compensazione. Insomma, si passerebbe da una situazione statica e mortifera ad
una ricontrattazione di tutti i servizi emessi dallo stato con un ampio
utilizzo delle tecnologie informatiche. Si potrebbe creare uno standard per lo
scambio delle informazioni tipiche di una amministrazione, per esempio quelle
anagrafiche, in modo che tutti i sistemi possano comunicare fra loro,
facilitando i processi di ristrutturazione territoriale. Peraltro, si sta già cercando
di standardizzare i dati delle amministrazioni pubbliche. Procedendo nel
discorso, ogni comune potrebbe contrattare con la provincia e la regione i vari
servizi in base alla convenienza. Regioni e provincie entrerebbero in
concorrenza per accaparrarsi i vari comuni con il corrispettivo gettito, gareggiando
sulla qualità e i costi dei servizi, creando un loro sistema informatico a cui
aggregare il comune per mettere a disposizione i vari servizi online. Una sorta
di portale in cui i cittadini del comune convenzionato possano accedere per
ottenere i loro servizi. Quella che è una cittadinanza territoriale diverrebbe
una cittadinanza contrattuale. È da considerare che uno dei due livelli
amministrativi molto probabilmente sparirebbe automaticamente perché inutile.
Questo discorso inizierebbe come processo di
ristrutturazione territoriale all’interno degli stati nazionali, ma potrebbe
avere uno sviluppo a livello interstatale con un comune che decide di secedere
da uno stato e negozia l’adesione ad un altro. Si pensi ai comuni frontalieri e
alle polemiche che a volte sorgono. Di un tratto tutto finito; ognuno aderisce
allo stato che vuole, creando concorrenza fra gli stati. Chi offrirà sconto di
tasse, chi servizi migliori e così via. Proseguendo ancora nel ragionamento e
tecnologia avanzando, si passerebbe dai liberi comuni che contrattano l’adesione
con i vari stati non più nazionali, al singolo cittadino che negozia con il
comune la sua adesione. Si può ipotizzare che più cittadini si uniscano insieme
volontariamente per costituire un nuovo comune che poi contratta l’adesione ad
uno stato, più che ad un altro.